Hey Man! è il festival “imprevisto” che vuole costruire un nuovo maschile: le date a Milano

Un festival aperto a tutt* per parlare di maschile: dal 19 al 21 settembre a Milano arriva “Hey Man! Un festival maschile imprevisto”, ideato dall’associazione Mica Macho e Osservatorio Maschile in collaborazione con il Comune di Milano. L’iniziativa, gratuita, nasce dall’esigenza di portare il tema della mascolinità al centro del dibattito pubblico, spostando l’attenzione dall’uomo come soggetto al maschile come oggetto di analisi.
Il programma, che unisce panel, talk e momenti di confronto, affronta questioni diverse: e ampio spazio sarà dato al dialogo e al confronto tra prospettive differenti, con ospiti provenienti da mondi eterogenei. Non mancano iniziative pensate per l’accessibilità: interpreti LIS, attività per i figli dei partecipanti e incontri rivolti anche alle aziende, per rendere l’evento inclusivo e realmente aperto a tutta la cittadinanza.
Ci siamo fatti raccontare come è nato e come vuole crescere questo evento da Giacomo Zani, presidente di Mica Macho, che dal 2020 che si occupa di mascolinità e ragiona collettivamente sui ruoli di genere e sugli stereotipi connessi.
Come nasce l’idea di “Hey Man!”?
“Hey Man!” nasce dalla volontà e dal bisogno dell’associazione no profit Mica Macho, che si occupa da diversi anni del tema del maschile di interagire con le istituzioni e portare questi temi su un piano mediatico più importante. Verso la fine del 2024 abbiamo incontrato il Comune di Milano nella persona di Diana De Marchi, presidente della Commissione Pari Opportunità. Con lei abbiamo trovato grande sintoni di temi, obiettivi e istanze e da qui è nata l’idea di creare un momento per la città – ma con richiamo nazionale – in cui parlare di uomini e mascolinità attraverso un festival gratuito, aperto a tutti e tutte”.
Qual è l’obiettivo di questo festival?
“Quello che vogliamo che succeda all’interno di “Hey Man” è che il maschile diventi oggetto della discussione, e non soggetto. Per noi questo cambio di paradigma è fondamentale: non è un festival per gli uomini (non solo), ma è un festival per tutte e tutti, dove tutte e tutti parlano di maschile. L’esigenza è quella di togliere l’uomo da soggetto di qualsiasi discussione e iniziare a parlare di maschile, perché il paradosso della società in cui viviamo è che la mascolinità è lo standard e proprio per questo non è indagata o discussa. Non si è mai parlato di cos'è il maschile, come viene socializzato, come veniamo educati ad essere uomini, come la socializzazione del maschile influisce poi su tutte le altre anche identità,... Vogliamo portare sotto analisi, in una prospettiva collettiva, comunitaria, intersezionale, la mascolinità e il maschile”.
Come si fa, allora, a parlare di maschile come oggetto?
“Ci saranno moltissimi panel con temi e ospiti anche molto diversi tra loro. Ci saranno dei panel al festival, ad esempio, che parlano della dispersione scolastica, che è maggiore negli uomini - e cercheremo di capire perché. Ci saranno dei panel che parlano delle intenzioni di voto perché per la prima volta dall'esistenza delle democrazie il voto è diventato un tema di genere: in tutte le democrazie occidentali i dati evidenziano come i giovani uomini votano più a destra e le giovani donne votano più a sinistra. Parleremo anche di cosa vuol dire essere padre in una società in cui questo ruolo sta cambiando. Vogliamo insomma entrare nei temi contemporanei del maschile in modo che glio uomini possano iniziare ad attivarsi, ascoltarsi, esporsi nel momento i cui un pari ha un comportamento sbagliato. Tutte cose che non succedono perché non c’è senso di vicinanza tra uomini”.
Cosa significa per voi “un festival maschile imprevisto”? Perché è stato scelto questo aggettivo nel sottotitolo del festival?
“Perché nel dibattito e nelle modalità con cui si è costruito il dibattito, soprattutto sui social, intorno a questi temi la creazione di questo festival è inaspettata. Oggi c'è una grande spaccatura: da una parte ci sono c'è una porrzione di mondo femminista che giustamente porta avanti le istanze delle donne, mentre dall'altra ci sono gli MRA(Men’s Rights Activists), gli Incel (Involontariamente Celibi), i “redpillati”. Questi ultimi gruppi esistono perché vanno a rispondere a un vuoto maschile. Ma ovviamente lo fanno in un modo che per noi non è la soluzione e penso non possa esserlo per nessuno che si consideri progressista e attento ai diritti. Allora abbiamo scelto l’aggettivo “imprevisto” per sottolineare che vogliamo uscire da questa opposizione a cui ci siamo abituati nel dibattito, a questo scontro tra generi, e provare a dare una risposta costruttiva a quel vuoto”.
Avete però ricevuto delle critiche da alcune attiviste femministe, che hanno accusato il festival di voler rimettere al centro gli uomini in un momento in cui gli uomini hanno già moltissimo spazio…
“Evidentemente essere imprevisti va a toccare degli equilibri che sappiamo essere delicati. Quella parola prevedeva già le critiche che ci sono state mosse e che eravamo preparati a ricevere. Sono anni che ci arrivano questo tipo di critiche come Mica Macho. Comprendiamo da dove nasce questa critica e non la condanniamo, ma abbiamo la nostra impostazione, la nostra visione del lavoro che facciamo. Non vogliamo rimettere al centro gli uomini come soggetti, ma mettere al centro il maschile come oggetto di analisi - sociologica, antropologica, filosofica, psicologica, politica… E tra gli ospiti ci sono sicuramente degli uomini, ma anche donne e persone queer e non binarie.
La critica successiva è stata che in ogni caso mettiamo al centro una prospettiva maschile e che occupiamo uno spazio per parlare di uomini. Ma per noi, che siamo un’associazione e non un gruppo di opinionisti, e che quindi cerchiamo di lavorare sulla concretezza, questo festival è un modo per dare una risposta a un problema che esiste, ovvero che serva un cambiamento del maschile”.
Tra i vari eventi del festival, è previsto un solo evento dedicato esclusivamente agli uomini: il momento dell’autocoscienza maschile, che è la “specialità” di Mica Macho. Come funziona?
“Il nome “autocoscienzal è preso in prestito da una pratica femminista separatista: gruppi di sole donne che si incontrano in uno spazio “safe” e libero dal giudizio e che parlano delle proprie esperienze personali, dei propri problemi, comportamenti, dubbi, cercando collettivamente di ragionare e darsi delle risposte. Questa pratica, declinata al maschile, è stata il punto di partenza di Mica Macho: durante la pandemia un gruppo di circa 20 ragazzi ha iniziato ad incontrarsi online per parlare di temi come la condivisione non consensuale di materiale intimo (delle volte in cui qualcuno di noi aveva fatto questa cosa, del perchè, di come si era sentito,…). Ci siamo resi conto che questi momenti erano trasformativi e potenti e abbiamo deciso di allargarla. Al momento noi offriamo gratuitamente la piattaforma e un formatore sessuale e antropologo di genere che segue le sessioni, in modo che ci sia una figura qualificata e preparate a gestire situazioni difficili. È una pratica che funziona perché crea l’occasione per gli uomini di fare qualcosa che non sono abituati a fare, ovvero dialogare tra loro di problemi emotivi, di empatia”.
Per quanto riguarda gli altri eventi del festival, invece, ci sono moltissimi ospiti che arrivano da diversi background e settori. Come li avete scelti e cosa vi aspettate da questa varietà?
Riuscire a selezionare gli ospiti e capire come incastrarli è stato piuttosto difficile, ma tenere insieme prospettive diverse è stata una caratteristica di altri nostri eventi e abbiamo voluto mantenerla. Per noi è un valore mettere insieme tanti pezzi di mondo. Portare un trapper, un comico, una ricercatrice femminista, un regista, un conduttore radiofonico a parlare di mascolinità e di cosa vuol dire essere uomini oggi ci permette di fare un mix di esperienze diverse e anche di accogliere pubblici diversi”.
Ci saranno eventi più sbilanciati sull’esperienza personale, altri invece basati su dati e ricerche.
“Per noi è importante che si sviluppino dialogo e, perché no, anche conflitto - purché sia generativo. I social network ci hanno completamente disabituati al conflitto: non bisogna arrivare all’estremo di pensare di dare parola e confrontarsi per forza con tutti, ma allo stesso tempo le piattaforme e l’attivismo che viene fatto in questi spazi digitali hanno creato dei “cerchi magici” sempre più stretti in cui si è sempre tutti d’accordo. Noi vorremmo uscire da questa dinamica”.
Luce